Lo Stemma

Descrizione araldica:
Inquartato: nel 1° partito d’azzurro e di rosso, alla graticola di San Lorenzo ritta col manico volto all’insù d’oro, attraversante sul tutto; nel 2° d’argento, al libro delle Sacre Scritture aperto di rosso colle pagine cariche del simbolo dell’”Alfa e Omega” d’oro; nel 3° d’argento, all’arpa d’oro; nel 4° d’azzurro, alla fascia ondata d’argento, accompagnata in capo da un sole radioso d’oro.”
Ornamenti esterni: galero vescovile guarnito di due nappe da cui scendono lateralmente due cordoni, ognuno con tre ordini di nappe 1,2,3, il tutto in verde. Lo scudo è accollato da una croce processionale trifogliata d’oro. In punta il motto: NON IMPEDIAS MUSICAM.”

Breve spiegazione:
Il galero o cappello prelatizio con le dodici nappe o fiocchi (sei per parte), di colore verde, designano la dignità di Vescovo. La croce cui è accollato lo scudo designa parimenti l’ordine episcopale. All’interno dello scudo, Mons. Lazzeri ha rinunciato a riprendere il suo stemma di famiglia preferendo inserire alcuni elementi simbolici come l’arpa che ricorda il suo motto (“non impedias musicam”), la Sacra Scrittura con le lettere alfa e omega (inizio e fine). Ritroviamo inoltre alcuni elementi che vogliono ricordare l’origine del Vescovo: il sole che rappresenta la Valle di Blenio (“la Valle del sole” appunto) e l’acqua che rappresenta il fiume Brenno. Lo stemma della Diocesi di Lugano composto dalla graticola di San Lorenzo (strumento del martirio del Santo Patrono della Diocesi) posta sui colori dello stemma del Cantone Ticino invertiti (a sinistra il blu e a destra il rosso) rappresenta invece il ministero e la giurisdizione affidatigli.


Commento al motto episcopale “Non impedias musicam”:

Il capitolo 32 del libro del Siracide indica al capotavola quale dev’essere il suo comportamento perché il banchetto riesca a soddisfazione di tutti. Il capotavola non deve sentirsi superiore agli altri commensali, anzi si occupa prima di loro e poi siede a mensa; si associa alla festa, parla con moderazione, tace se si attacca un pezzo musicale: “non impedias musicam” (v.6). Forse nessuno ha mai pensato prima del nostro nuovo vescovo di farne un motto per il servizio episcopale, ma è certo che la scelta è indovinata. Il vescovo, che condivide con sorelle e fratelli la mensa della comunione familiare nello Spirito del Signore crocifisso e risorto, serve con delicatezza e discrezione gli altri commensali e ascolta e fa ascoltare la musica: il concerto armonioso dei carismi che da loro profluisce.
Ciascun battezzato edifica la Chiesa, porta il suo decisivo e insostituibile contributo all’armonia dell’insieme. Il capotavola parla poco e ascolta molto, aiutando tutti a rallegrarsi per le armonie prodotte dai vari strumenti. “Sigillo di rubino su ornamento d’oro è un concerto musicale in un banchetto” (Sir 32,7). Il vescovo, come il Cristo, è chiamato  a lavarci i piedi (cfr. Gv 13) e a dare la sua vita per noi (cfr. Gv 10). Come i primi apostoli egli si dedica interamente alla preghiera e al servizio della Parola (At 6,4) per nutrire il popolo di Dio.
Nel periodo nel quale operò a Locarno, don Valerio aveva promosso un commento settimanale alla Parola di Dio che scuoteva la città e colmava la chiesa. Succedeva a Locarno quanto in scala molto più grande capitava a Milano col cardinale Martini.
Don Valerio è abituato ad ascoltare la musica del lavoro aspro del papà, un muratore forte e generoso, di quello della mamma, premurosa casalinga, dei suoi fratelli, degli zii, dei nipoti, dei compagni di studio. Un bel proverbio afferma che “l’amico è colui che ascolta la musica del tuo cuore e te la rammenta quando l’hai dimenticata”.
Al nostro nuovo vescovo auguriamo che ascolti la voce dei suoi presbiteri, quella dei credenti  e dei non credenti; che ci aiuti ad essere sensibili ai cori che ci vengono dalle Chiese sorelle, al grido di chi soffre ed è oppresso dal peso della vita.
Il suo motto episcopale ci ricorda che gli uomini non comunicano solo con le parole, ma anche con il silenzio, con le lacrime, con il sorriso, con gesti di condivisione e di fraternità, con uno sguardo, una stretta di mano, con il canto.
Noi pensiamo al vescovo come a colui che predica la Parola e abbiamo ragione. Ma non dimentichiamo che egli è anche l’uomo dell’ascolto: quando prega, quando confessa, quando assume su di sé i pesi che gravano sugli altri.
Il vescovo Valerio legge la Bibbia nel testo ispirato (ebraico, aramaico, greco) e saprà certo cantarcene la sua musica affascinante.
Con il vescovo Valerio ci sentiremo sempre più Chiesa, e Chiesa missionaria, quanto più ci sentiremo famiglia che il Risorto riunisce nell’unità del suo Spirito. E canteremo insieme la musica della fraternità, che ci avvicina tutti insieme alla pienezza della gioia nella celeste Gerusalemme.

Mons. Sandro Vitalini, già Pro Vicario generale